imprinting: segni del passato


Il centro di Roma è caratterizzato dalla pavimentazione in sanpietrini. 
Ogni giorno centinaia di persone camminano su questa peculiarità, nei vicoli, nelle piazze, davanti alle chiese, ai monumenti e ai palazzi nobiliari. 

Il centro di Roma è denso, di passato e di presente.
Il passato si stratifica e se stiamo attenti ne notiamo le manifestazioni: colonne incorporate nelle pareti murarie, mattoni di diverse dimensioni e diversi colori in una stessa parete, un intonaco che si scolla e lascia intravedere l’intervento precedente, soglie d’ingresso ai cortili segnate dal passaggio dei carri, …
E quando ci troviamo di fronte a uno scavo archeologico, ci ricordiamo che il passato non è solo attorno a noi, ma anche sotto di noi, sotto le strade o semplicemente nelle cantine di casa nostra, dove funge da fondazioni del palazzo.
Il presente invece scorre continuamente, fino a diventare passato e depositarsi sull’ultimo “strato” di storia.
Lo vediamo nelle persone che ci camminano a fianco e vivono l’ambiente urbano, ognuna con un ruolo diverso: il bambino che va a scuola, il genitore che lo accompagna, lo studente che visita qualche traccia del passato, il prete che si incammina verso la messa da celebrare, il politico che governa la città, il turista, che cerca di comprendere la bellezza incastrata in tutti questi flussi di vita, e il mendicante, che prova a chiedere aiuto in questa scena disordinata.

Ma come si può non essere sopraffatti da tutte queste vicende? Vicende che scorrono parallelamente, troppo vicine fra loro, in un luogo che non ha spazio neppure per contenere la sua storia, e la sotterra e la stratifica per far posto a ciò che è oggi.

Fin da quando sono piccola faccio parte di questo teatro, di questa affollata scena urbana, e anche il mio passato, come quello della città, si stratifica con lo sfondo dei sampietrini…

La scuola che frequentavo da bambina era come un castello: un grande palazzo, con giardini di cui un bambino non sa vedere la fine, grandi spazi per correre e liberare la fantasia, e mura alte che isolano dall’esterno.
Durante i giorni della settimana passavo il mio tempo fra quelle mura, fino alle quattro e mezza eravamo in classe e fino all’ultimo raggio di sole non andavamo via dai giardini. 

Il fine settimana uscivo da quelle mura, e lo passavo in città.
Sia il sabato che la domenica facevo passeggiate per il centro: io e mamma partivamo da casa e camminavamo tutta la mattina, passavamo per piazza Farnese, poi proseguivamo per piazza Navona o per Gianicolo.
Non ero abituata a tutta la vita che scorre per le strade, e cercavo sempre dei punti di riferimento per orientarmi: la biblioteca dei bambini, le fontane davanti Palazzo Farnese, il forno all’angolo di Campo de Fiori, il negozio di giocattoli a piazza Navona, …
Ma tutte queste cose erano troppo grandi rispetto a me, quasi inafferabili per l’occhio di una bambina, ed era difficile contestualizzarle, collocare il loro posto nella mia mente.
Molto più vicino alla mia modesta altezza era invece il terreno, ricoperto di cubetti dai basalto chiamati sanpietrini. Non impiegai molto tempo ad accorgermi del fatto che alcuni sono più grandi di altri, il doppio per la precisione, e che sono disposti sempre in fila, creando un percorso. 
Così, fin dalla piazza sotto casa, iniziavo la passeggiata seguendo questi percorsi, mi divertivo a cercarli e riconoscerli, a saltellare da un sanpietrino “grande” all’altro con sicurezza.

Crescendo, ho abbandonato questo gioco, ho alzato lo sguardo e ho iniziato a guardare gli edifici, e la scena urbana tutta, fino al giorno in cui ho deciso di studiarla e capirla.
Di recente la mia mente è tornata a pensare a quei percorsi e chiedersi quale fosse il loro reale significato, la loro funzione sulla pavimentazione della città.
Si trovano in alcune strade del centro e delimitano uno spazio pedonale, un marciapiede, ma nessuno li nota o vi si interroga,  così pedoni e macchine fluiscono liberamente fino a che non vengono installati dei paletti.

Questo dettaglio della città di Roma, ha accompagnato molti giorni della mia infanzia, e li accompagna tutt’ora quando prima di salire frettolosamente sul motorino abbasso lo sguardo per indossare il casco. 
Questo dettaglio mi ha spinto a riflettere sul luogo in cui vivo, dove il centro storico prova a rispondere a tutte le funzioni del mondo contemporaneo senza perdere la sua autenticità.
Dove il processo di stratificazione avviene ogni giorno, e architetti, ingegneri e legislatori si interrogano sul limite fra rispetto della preesistenza e necessità del presente.













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